V DOMENICA DI PASQUA – ANNO C
di don Giuseppe Virgilio (18 maggio 2025)
Cari fratelli e sorelle,
la liturgia di oggi ci ricorda una verità fondamentale dell’esistenza cristiana: finché siamo sulla terra si ha da portare la croce, la felicità piena sarà solo in cielo. Nella prima lettura abbiamo infatti ascoltato queste parole: “dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni”. D’altra parte Cristo stesso ai discepoli di Emmaus ebbe a dire di se stesso: “Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria ?” ( Lc 24, 26) . E se il discepolo non é da più del maestro anche a noi, poveri discepoli del Signore , tocca la stessa sorte.
La vergine Maria, in quella “vita postuma” della di lei vita che sono le apparizioni mariane ebbe a dire a Lourdes alla veggente Bernardette: “non ti prometto la felicità in questo mondo, ma nell’altro”. Di quest’altro mondo ci ha parlato la seconda lettura tratta dall’ Apocalisse in questi termini: “Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate”. È la visione di quel bene futuro ma certo che faceva esclamare a San Francesco: “Tanto è il bene che mi aspetto che ogni pena mi è diletto!”. In Cielo dunque la sofferenza fiorirà, come diceva Benedetta Bianchi Porro: “farò fiorire il mio dolore!” . In Cielo il chicco di grano caduto a terra porterà molto frutto. Potrebbe però sorgere a questo punto una legittima obiezione a questo ragionamento: ma questa necessità del patire e della tribolazione non potrebbe indulgere ad un certo masochismo. No! Il dolore di cui parliamo é quello che ha le radici in quell’amore di cui ci parla Gesù nel vangelo odierno.
Non è il dolore fine a se stesso che non é desiderabile ne produce frutto, ma quello dell’amore, del dono totale di se che Gesù ha documentato sulla croce e che é descritto in quelle parole : “come io ho amato voi”. È infine il dolore della nostra rinascita in Lui, dando a morte l’uomo vecchio che è i noi e far nascere in noi l’uomo nuovo.
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