Katholika’s Newsletter
Katholika’s Newsletter
Può forse un cieco guidare un altro cieco?
0:00
Ora attuale: 0:00 / Tempo totale: -6:37
-6:37

Può forse un cieco guidare un altro cieco?

Tutta la storia è una ininterrotta catena di ciechi che pretendono di guidare altri ciechi, finendo ogni volta in qualche fosso.

VIII domenica del tempo ordinario – Anno C – 2 marzo 2025

Sir 27,5-8 (NV) [gr. 27,4-7]; 1Cor 15,54-58; Lc 6,39-45

di don Ambrogio Clavadei

Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso?”.

Nella consapevolezza che ci offre la nostra fede cattolica, noi sappiamo che, a partire dal peccato originale, nel cuore dell’uomo e, di conseguenza, nella sua visione e gestione della realtà, è subentrata una cecità che tutti ci inficia e che perciò tutta la storia presa come tale è una ininterrotta catena di ciechi che pretendono di guidare altri ciechi, finendo ogni volta in qualche fosso, fosso inevitabilmente oscuro perché scavato dalla stessa cecità dell’uomo. Sappiamo però anche che è stato possibile uscire da una simile situazione in forza di un uomo che invece ci vedeva pienamente e che si è offerto di guidare un cieco dopo l’altro lungo un percorso diverso che conduceva non più in qualche fosso, ma in una condizione di vita dove risplendeva una luce perennemente felice. Ebbene, noi sappiamo ancora che l’uomo che si è presentato nella storia con questa sorta di pretesa è l’uomo Cristo Gesù, un uomo inserito dentro la storia ma non riducibile alla storia in quanto Verbo di Dio incarnato. Un Uomo Dio che di sé ha affermato: “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8, 12); “Io come luce sono venuto nel mondo, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre” (Gv 12, 46), così che la sua esortazione di conseguenza è: “Camminate mentre avete la luce, perché non vi sorprendano le tenebre; chi cammina nelle tenebre non sa dove va” (Gv 12, 35). Egli ha camminato davanti a noi non tastando incerto il terreno con un bastone da ciechi, ma guidandoci su quella Via che è lui stesso con il sicuro legno della Croce. Altrimenti, come scrisse il poeta W. C. Williams commentando il quadro di Bruegel il Vecchio La parabola dei ciechi: “Ciascuno segue gli altri, bastone in mano, trionfante verso il disastro”.

Cristo, proprio perché il suo sguardo è perfettamente luminoso e puro, senza né travi né pagliuzze, è così l’unico in grado di evidenziare senza ipocrisie, ma con misericordia, le pagliuzze che l’uomo porta dentro di sé e che accecano la sua vita, e così anche di denunciare le travi che stanno infitte nello sguardo di coloro che presumono di vederci bene e che pretendono quindi di guidare i ciechi quando invece essi sono i ciechi peggiori: “Gesù allora disse: «Io sono venuto in questo mondo per giudicare, perché coloro che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi [a causa della loro presunzione]». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo forse ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi [cioè se riconosceste di esserlo], non avreste alcun peccato; ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato [la vostra cecità] rimane»” (Gv 9, 39-41).

Oggi viviamo in un clima sociale e culturale dove potentissimi nuovi “farisei”, immersi nella cecità più assoluta, proprio perché ritengono di essere i “luciferi” dell’umanità, pretendono con tutti i mezzi a propria disposizione di guidare la moltitudine di noi stupidi “ciechi” verso una condizione di vita più luminosa, e fanno ciò usando le loro “illuminate” proposte proprio per mantenere invece sempre più le persone all’oscuro delle loro trame, così che esse non si rendano conto di questa loro tragica situazione. Questi neo “farisei” sono abilissimi nel far credere che il buio sia luce. Che trucco geniale! Vien quasi da pensare che l’Oscuro Signore li usi per precipitarci tutti, prima incerti e poi disperati, nei suoi tetri abissi infernali.

Di fronte a queste insidiosi assalti nessuno può predire ciò che ci aspetta in futuro, però Cristo offre a noi ciechi, nella luce della fede e nell’esperienza concreta che essa ci offre, una capacità di vagliare e discernere le risultanze positive o negative degli eventuali svolgimenti storici che ci attendono perché “Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto … L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male”. E ancora: “Quando si scuote un setaccio restano i rifiuti, così quando un uomo discute, ne appaiono i difetti … Non lodare nessuno prima che abbia parlato, poiché questa è la prova degli uomini”. La verità prima o poi si impone: “Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio” (Gv 3, 20-21). Se lasciamo che il Signore ci faccia partecipi del suo sguardo luminoso che giudica con saggezza la realtà, saremo in grado di scorgere le travi marce da cui è tappezzato e sorretto l’ennesimo fossato della storia, così da non farci trascinare in esso e di essere capaci di trarre fuori da questo abisso coloro che ancora non sono totalmente persuasi che l’oscurità del baratro, in cui sono stati sprofondati, sia il migliore dei mondi possibili.

La liturgia di oggi ci ricorda anche un particolare fattore accecante della vita umana che può trarci in inganno con la sua apparente impossibilità di essere combattuto. È l’oscurità della morte che tutti ci conduce nel suo particolare fosso cupo perché frutto della cecità del peccato. Ma qui più che mai si offre a noi la luce di Cristo, la luce di Cristo risorto, a cui rivolgerci con fiduciosa speranza, una certezza in forza della quale san Paolo poteva cantare: “Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?”. Infatti “gli occhi del Signore sono miriadi di volte più luminosi del sole; essi vedono tutte le azioni degli uomini e penetrano fin nei luoghi più segreti” (Sir 23, 19), anche nella buia cavità della morte.

Ma questo solo se nel nostro cuore ci sarà sempre, specialmente negli ultimi istanti, quel grido che lo struggente Offertorio gregoriano della Liturgia dei defunti così bene esprime:

“Domine, Jesu Christe, Rex gloriae, libera animas omnium fidelium defunctorum de poenis inferni, et de profundo lacu. Libera eas de ore leonis, ne absorbeat eas Tartarus, ne cadant in obscurum: sed signifer sanctus Michael repraesentet eas in lucem sanctam, quam olim Abrahae promisisti et semini eius”.

“O Signore Gesù Cristo, Re della Gloria, libera le anime di tutti i fedeli defunti dalle pene dell’inferno e dal profondo abisso: liberale dalle fauci del leone perché non le inghiotta il Tartaro e non cadano nell’oscurità: ma il santo vessillifero san Michele le conduca a quella luce santa che un giorno promettesti ad Abramo e alla sua discendenza”.

(sabinopaciolla.com)

Discussione su questo episodio