di Giuliano Guzzo (07-03-2025)
Il 26 aprile prossimo. È il giorno in cui il cardinale Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom – Budapest, presiederà la cerimonia di beatificazione di Mária Magdolna Bodi (1921-1945), a tutti gli effetti considerata la «Santa Maria Goretti» di Ungheria, dato che morì martire per difendere la sua castità. Una figura poco sicuramente poco nota, rispetto alla sua oggettiva grandezza, e che vale pertanto la pena conoscere più da vicino, ripercorrendone l’esistenza. Mária Magdolna Bódi nacque l’8 agosto 1921 a Szigliget, in Ungheria. La sua infanzia fu segnata da un contesto di estrema povertà: i genitori, ambedue braccianti agricoli, non poterono contrarre matrimonio perché suo padre – un ateo rude, già prigioniero di guerra ed alcolista, era sprovvisto di documenti. Tuttavia la futura beata, benché registrata all’anagrafe come figlia illegittima (al pari del fratello maggiore Gyula e del minore János), ha preso il nome paterno. Venne battezzata il 15 agosto, festa dell’Assunzione, presso la chiesa di San Michele di Badacsonytördemic.
Ad avvicinarla alla fede furono da un lato l’influsso della madre, dall’altro le lezioni religione della scuola del villaggio. Tale avvicinamento fu senza dubbio profondo, dato che il suo fervore religioso non passò inosservato alla sua insegnante. Basti pensare – a riprova, appunto, della devozione della giovane – che, siccome dove viveva la famiglia, a Köveskál, le Messe venivano celebrate raramente, ai fedeli toccava recarsi in un’altra chiesa, quella di Szentbékkálla, con un viaggio che la futura beata affrontava più che volentieri. All’età di nove anni, mentre Mária Magdolna Bódi si stava preparando alla Prima Comunione, la sua devozione a Gesù si fece più profonda; tanto che, di lì a poco, le sue giornate divennero sempre più contrassegnate da preghiera e carità; il che significa che la giovane aiutava molto sia la madre nelle faccende domestiche, sia i bisognosi. Come quando decide di andare di porta in porta nel suo villaggio a chiedere vestiti per un orfano che a Köveskál viveva con i nonni in una situazione di grande indigenza.
Nel 1935, dopo che la sua famiglia si era trasferita a Máma-puszta, vicino a Balatonkenese, Mária Magdolna Bódi conobbe padre István Androsits, vale a dire colui che divenne il suo direttore spirituale; dato che le prestava molti testi religiosi. Da parte sua, l’adolescente si divertiva a passare del tempo con i bambini della zona, spesso poi portandoli con sé alla messa domenicale. A 17 anni capì che quella religiosa sarebbe stata la sua vita. «Quanto è bella la vita di chi sa stare vicino a Dio», disse al fratello. Tuttavia, essendo – come si diceva all’inizio – nata fuori dal matrimonio, a causa delle regole religiose dell’epoca, Mária Magdolna Bodi fu esclusa dalla possibilità di realizzare questa sua vocazione. Per questo divenne operaia in una fabbrica, lavoro che però non la teneva lontana da Dio, tutt’altro: pregava molto spesso, la sua giornata con la Santa Comunione ed era sempre pronta – sul lavoro – a riprendere con garbo e fermezza chiunque facesse commenti blasfemi. Questo suo atteggiamento, sì umile ma deciso per quanto riguarda la fede, in breve tempo le fece guadagnare la stima dei colleghi.
A quella giovane così in gamba e dolce, determinata eppure capace di porsi con gentilezza, i corteggiatori non mancavano, anzi. Eppure, proseguendo il suo cammino spirituale, il 26 ottobre 1941, festa di Cristo Re, Mária Magdolna Bódi fece un solenne voto di verginità. Proseguì altresì il suo attivismo nell’associazionismo cattolico così come nelle opere di beneficienza. Un paio di anni dopo si iscrisse poi ad un corso per infermiere, pronta ad andare al fronte per prestare soccorso a chi aveva bisogno di soccorso e cure. Venne però fermata dalla direzione del grosso stabilimento dove lavorava, la Nitrokémia Rt., una fabbrica a Fűzfőgyártelep che impiegava migliaia di persone ma che non era disposta a privarsi del lavoro di una delle sue professioniste più stimate e rispettate. Questo però non le impedì sia di continuare il suo percorso spirituale, sia il suo impegno sociale, incoraggiando – alla luce delle notizie di violenze sessuali che iniziavano ad arrivare – le compagne e le amiche a preservarsi nella purezza anche a costo della vita. Che fu il destino che le sarebbe toccato e che risulta documentato in modo assai preciso, come dimostra il fatto che del suo ultimo giorno terreno abbiamo molte informazioni.
Era il 23 marzo 1945 e, quel giorno, le milizie sovietiche raggiunsero Litér, il luogo dove la giovane abitava. Mária Magdolna aveva trascorso quella notte insieme alla madre e ad altre persone nel rifugio demaniale del paese. Nel corso del pomeriggio, dopo essersi recata a visitare una donna malata e a dar da mangiare agli animali, fu avvistata fuori dal rifugio insieme ad un gruppetto di donne, tra le quali la madre, da un soldato russo che le intimò di seguirlo, conducendola nella parte più oscura del bunker. Lei – che tutto era fuorché sprovveduta – capì allora immediatamente che cosa le sarebbe toccato. Per questo, Mária Magdolna Bódi da un lato urlò alle amiche presenti di fuggire, dall’altro cercò di difendersi ferendo con delle forbici il militare che voleva abusare di lei. Questi però si riprese subito e la uccise. Secondo i resoconti dei testimoni oculari, ben sei proiettili le trafissero il corpo.
Dopo il primo colpo, Mária Magdolna Bódi si fermò di colpo; dopo il secondo, alzò le braccia al cielo e poi scandì questa frase: «Signore, mio Re, prendimi con Te!». Furono le sue ultime parole. Dopodiché, colpita anche da altri proiettili, cadde esanime in avanti. In un estremo tentativo di stringersi alla fede in quell’ultimo istante, le sue dita stavano in quel momento stringendo il Rosario. Il corpo della giovane donna – derubato di alcuni indumenti, dell’orologio e della collana – venne di lì a poco recuperato dal padre che le diede temporanea sepoltura nel cimitero del paese. Un primo frutto, quella sua santa morte, lo diede nei giorni successivi. Infatti due settimane dopo, i suoi genitori – che come si diceva non erano sposati – grazie alle concessioni offerte dalla Santa Sede per lo stato d’assedio, contrassero matrimonio in chiesa e iniziarono, come non avevano mai fatto prima, a condurre un’esistenza davvero religiosa.
Non è stato facile anche solo avviare le fasi preliminari del processo di beatificazione. Basti dire che, dopo la morte di Mária Magdolna Bódi il cardinal Josef Mindszenty (1892-1975) – all’epoca era vescovo di Veszprém, e anch’esso protagonista di un processo di beatificazione in itinere -ricevette una minuta di venti pagine che descriveva i fatti; e sulla base del resoconto, si procedette alle fasi preliminari della causa di beatificazione: tuttavia, i documenti, già tradotti in latino, non giunsero mai a Roma perché andarono smarriti in circostanze misteriose, mai del tutto chiarite. Tuttavia, verso il 1990 il procedimento ha potuto avere avvio e, tra non molto, la «Maria Goretti» di Ungheria potrà avere il riconoscimento che senza dubbio le spetta; e i fedeli e il mondo potranno, ci si augura, conoscere più da vicino l’esempio di questa donna, il cui esempio di vita – in tempi in cui si fa un gran parlare, spesso anche strumentale e politicizzato, dei diritti femminili – ha tanto da dire e da dare sia sul piano sociale e laico sia, naturalmente, su quello di fede, della quale è un indubbio modello.
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